Il Risorgimento, processo storico noto anche con la locuzione Unità d'Italia è il periodo della storia italiana durante il quale l'Italia conseguì la propria unità nazionale. La proclamazione del Regno d'Italia del 17 marzo 1861 fu l'atto che sancì, ad opera del Regno di Sardegna, la nascita del nuovo Stato unitario italiano formatosi con le annessioni plebiscitarie di gran parte degli Stati preunitari. Il Risorgimento continuò con l'incorporazione del Veneto nel 1866 e si ritiene tradizionalmente concluso con la presa di Roma del 20 settembre 1870 e la sua proclamazione ufficiale a capitale d'Italia il 3 febbraio 1871; rimasero fuori dal Regno d'Italia le "terre irredente" di Trento e Trieste, che furono incorporate solo al termine della prima guerra mondiale.
Il termine Risorgimento, che designa anche il movimento culturale, politico e sociale che promosse l'unificazione, richiama gli ideali romantici, nazionalisti e patriottici di una rinascita italiana attraverso il raggiungimento di un'identità politica unitaria che, pur affondando le sue radici antiche nel periodo romano, «aveva subìto un brusco arresto [con la perdita] della sua unità politica nel 476 d.C. in seguito al crollo dell'Impero romano d'Occidente».
Tuttavia, gran parte della storiografia italiana ha esteso il compimento del processo di unità nazionale sino agli inizi del XX secolo, con l'annessione delle cosiddette terre irredente, a seguito della prima guerra mondiale, creando quindi il concetto di quarta guerra di indipendenza.
Con la caduta del Regno d’Italia napoleonico nel 1814 l’Italia tornò allo status quo precedente l’età rivoluzionaria.
Nel 1815 il Congresso di Vienna ridisegnò l’assetto politico territoriale europeo e quindi anche della penisola italiana.
Fra coloro che avevano pensato con l’età napoleonica di concretizzare le aspirazioni unitarie nazionali, fra il 1814 e il 1815 cercarono di dar vita a delle insurrezioni che in Lombardia passarono alla storia come la Congiura dei Generali, mentre nell’Italia meridionale si concretizzarono con una netta presa di posizione di Gioacchino Murat che con il proclama di Rimini incitava gli italiani alla ribellione contro la presenza austriaca nella pensiola da nord a sud.
Falliti questi tentativi insurrezionali si andarono costituendo in Italia delle associazioni segrete che noi conosciamo come Carboneria e che nel 1820-1821 tentarono da nord a sud di dar vita a delle insurrezioni popolari che non ebbero alcuna fortuna di successo anche a causa della parcellizzazione delle varie operazioni che furono tentate in varie parti della penisola.
Fallite anche queste insurrezioni bisognerà aspettare il 1831 quando, dopo la costituzione da parte di Mazzini della Giovine Italia, si volle dar vita ad un processo insurrezionale meglio organizzato e dove le varie cellule repubblicane erano in contatto fra di loro.
Anche l’esperienza mazziana fallì e si dovrà arrivare al 1847 per riaccendere in Italia le aspirazioni agli ideali di libertà e di uguaglianza tanto auspicate dai patrioti italiani.
L’incoronazione di Mastai Ferretti a Sommo Pontefice con il titolo di Pio IX sembrò aprire una nuova era che portò, a seguito anche delle pressioni della borghesia e di parte del popolo alla concessione da parte di alcuni sovrani italiani della Costituzione. La forza degli ambienti più reazionari fece però crollare ogni aspettativa. L’unico sovrano che mantenne la costituzione fu re Carlo Alberto, che da lì a poco divenne il promotore del processo unitario italiano dichiarando guerra all’Impero d’Austria nel 1848/1849.
Con la prima guerra d’Indipendenza la pensiola italiana fu tutta in fermento. Migliaia di giovani lasciarono le proprie case per unirsi, come volontari, agli insorti che fra il 1848/1849 diedero vita al cosiddetto biennio rivoluzionario. La prima città ad insorgere fu Palermo e gradualmente insorsero anche Milano, Venezia, Bologna, Napoli, Roma e Brescia dove i bresciani resistettero per ben dieci giorni alle preponderanti forze austriache e subendo il 1 di aprile 1849 uno dei peggiori saccheggi, fatti di violenze di ogni genere e distruzioni da parte delle truppe croate su ordine del Feld maresciallo Haynau.
Con la sconfitta di Novara e l’abdicazione di re Carlo Alberto a favore del figlio Vittorio Emanuele II, si aprì il decennio di preparazione che ebbe nella figura di Camillo Benso conte di Cavour il principale esponente. Le grandi abilità diplomatiche di Cavour non a caso soprannominato il “tessitore”, portarono il Regno di Sardegna a cercare e trovare nella Francia di Napoleone III la principale alleata. Per raggiungere tale obiettivo Cavour partecipò alla guerra di Crimea.
La vittoria contro la Russia permise al piccolo Regno di Sardegna di sedere al tavolo della pace a Parigi ponendo sul tavolo la questione italiana, che portò alla firma degli accordi franco-piemontesi di Plombiers con i quali la Francia si impegnava ad intervenire a fianco del Piemonte in caso di aggressione da parte dell’Austria. Tale alleanza ebbe come conseguenza la cessione di Nizza, patria di Giuseppe Garibaldi, e della Savoia, culla della dinastia regnante, alla Francia.
Nel 1857 vi fu il tentativo insurrezionale antiborbonico da parte di Carlo Pisacane che con un manipolo di volontari sbarcò a Sapri, ma fu ben presto sopraffatto dalle truppe borboniche aiutate dal popolo.
Nel 1859 Seconda guerra d'indipendenza (Piemonte/Francia contro Austria):
Nel 1859/1860 Rivoluzioni negli Stati dell'Italia centrale. Plebisciti in favore dell'unificazione con il Piemonte.
Il 5 maggio 1860 aveva inizio dallo scoglio di Quarto la Spedizione dei Mille che portò alla liberazione dell’Italia meridionale e che si concluse nell’ottobre del 1860 con l’incontro di Teano dove Garibaldi consegnava a Vittorio Emanuele II l’Italia meridionale.
Dal 1859 al 1866 il territorio bresciano è terra di confine (esuli veneti, trentini e mantovani)
Nel 1865 la capitale fu trasferita a Firenze
Nel 1866 Terza guerra d’Indipendenza (alleanza del Piemonte con la Prussia in funzione antiaustriaca), unione del veneto
Nel 1870 a seguito della guerra franco-prussiana che portò alla fine del II impero. L’esercito italiano marciò su Roma e il 20 settembre 1870 i bersaglieri fecero il loro ingresso in Roma dalla breccia di Porta Pia.
Il mondo che andiamo a descrivervi aveva molta più fantasia sulla canzone perché era una pratica sociale comune per veicolare sentimenti, passioni e ideali che trovavano appunto nella canzone un mezzo ideale, alla portata di tutti.
Lo studio del canto popolare inizia ad interessare gli studiosi italiani dalla seconda metà dell'ottocento ma fino agli inizi del Novecento nel migliore dei casi esso era condotto nell’ottica di una razionalizzazione della poesia popolare, intesa come documento di carattere storico-sociale e, nella stragrande maggioranza dei casi, le melodie - a cui i testi erano legati - venivano trascurate e non annotate sul pentagramma. Le antologie e le raccolte si sono arricchite delle melodie solo in tempi recenti quando ormai il repertorio dei canti era già in parte corrotto e modificato dalle mutazioni storiche, politiche e sociali del territorio; ciò ha permesso di aprire uno spiraglio sia pur piccolo su di una popolazione ormai da noi molto lontana che riversava in queste sue espressioni artistiche e culturali i propri sentimenti le proprie passioni, le proprie rabbie e le proprie speranze.