Dall'aggressione dell'Etiopia alla proclamazione dell'Impero
(1934 - 1936)
(1934 - 1936)
Alla metà degli anni Trenta due temi diventano i prediletti dai parolieri nostrani: la campagna e la guerra.
Il primo, che si inscrive nella più generale polemica tra stracittà e strapaese, era legato al clima della battaglia del grano (nel 1933 il raccolto di grano aveva superato gli 81 milioni di quintali, rendendo praticamente nulla la necessità dell'importazione). Ordini di scuderia? Anche. Ma soprattutto un sintomo del malessere diffuso in tutta la civiltà occidentale che si veniva via via inurbando. Queste canzoni tendevano a manifestare sentimenti nostalgici ed elogiativi nei confronti di quello che già cominciava ad apparire come un paradiso perduto.
Il loro prototipo fu Reginella campagnola, un fox caratteristico di Bruno e Di Lazzaro. Nacque nel 1938 in una nebbiosa sera dell'autunno milanese.
Il piccolo complesso di una sala da ballo di Porta Venezia a Milano suonò per la prima volta Fior della Maiella (cosi si intitolava in origine la canzone) e fu proprio il batterista-cantante a proporre di mutarne la dicitura. L'Abruzzo «tutto d'or» di cui si parla in questo brano era in realtà un insieme di montagne e di pietraie montagnose dove i pastori facevano la vita dei loro greggi.
Sullo stile di Reginella campagnola nacque Se vuoi goder la vita di Bixio e Cherubini: in realtà, un italiano su cinque era analfabeta nel 1935, e tra i contadini questa percentuale era ancor più elevata; per non dire che il costo dell'autoproduzione di grano superò di circa tre volte il prezzo del grano importato. Però, al di là delle imposizioni del regime, al di là del comodo appiglio a motivi orecchiabili, la canzone campagnola degli anni Trenta rispondeva a un autentico bisogno della sensibilità nazionale. La vocalità tenorile, i ritmi precisi delle danze popolari, il suono brillante della fisarmonica erano uno spontaneo manifestarsi dell'anima popolare che nessun ordine dall'alto avrebbe potuto imporre in modo così perentorio. In tutte le canzoni, da Reginella campagnola a Se vuoi goder la vita, da Firenze sogna a Chitarra romana, era sempre presente un'esplicita contrapposizione tra la campagna e la città. La campagna equivaleva sempre all'«alba», all'«aurora», alla salute fisica, mentale e morale; la città alla lussuria, alla delusione, alla perdizione, alle insidie della notte.
La campagna d'Etiopia segna un punto importante nella storia del fascismo italiano. Costituisce il primo segnale a tutti gli italiani (anche quelli raggiunti solo dall'informazione ufficiale) che il fascismo è una ideologia dell'aggressione e di guerra. Il tema della guerra si presentò a tutti gli italiani in occasione della impresa etiopica, realizzata dal fascismo prendendo a pretesto in particolare il grave incidente di Ual-Ual del dicembre del 1934, quando un forte gruppo di abissini, armato di mitragliatrici e di un cannone, attaccò un nostro presidio ai confini della Somalia.
Così come era avvenuto durante la guerra libica (1911-1912), che ci aveva dato, tra le altre, la non dimenticata A Tripoli (Tripoli, bel suol d'amore...), i nostri autori di canzoni non ebbero bisogno di ordini dall'alto per cogliere l'occasione e trarre ispirazione da questa nuova avventura africana. Se buon senso e buon gusto del pubblico ebbero subito ragione di brani troppo scopertamente elogiativi come Duce, Duce, Duce o eccessivamente casarecci come Un posticino ar sole, ebbero invece un franco successo canzoni come Ti saluto, vado in Abissinia, Adua (che celebrava l'agognata riconquista della città che ci aveva visto clamorosamente battuti nel 1896) e Il ritorno del Legionario.
Per tutti la guerra d'Africa è legata a una canzoncina allegra e orecchiabile: Faccetta nera, scritta in romanesco nel 1935 da Giuseppe Micheli e Mario Ruccione. Moretta ch'eri schiava tra le schiave dicono i versi di Faccetta nera in quanto era dimostrato che in alcune zone dell'Etiopia esisteva ancora la schiavitù. La stessa Etiopia si era rifiutata di sottoscrivere il patto fra le nazioni contro il commercio degli schiavi. La vergogna di questo stato di cose non era una novità: era nota anche nel 1930, quando, per interesse politico, il Negus veniva presentato agli italiani come un sovrano pieno di buon senso e degno del massimo rispetto. Faccetta nera incontrò il tentativo, risultato vano, di ostracismo ufficiale, un po' perché bonariamente romanesca anziché romana e imperiale, e un po' perché, erede dei sogni esotici ed erotici di una Zuena, prevedeva una "fraternizzazione" fra italiani e indigene non del tutto gradita al regime.
Dalla conquista del potere alla celebrazione del Decennale (1922-1932)
Dall’aggressione dell’Etiopia alla proclamazione dell’Impero
Dall’Inizio della Seconda guerra mondiale alla caduta del Fascismo (1939-1943)